CURIOSITÀ

Natale Faggion, l’ultimo “passador”

barcaro ridtratto dell’Adige dove avveniva il traghettamento da una sponda all’altraNatale Faggion ha cessato il suo servizio a Carpi nel 1981, quando una piena ha distrutto il suo traghetto: è stato l’ultimo “passador”. Dopo di lui, nessuno pensa più pensa di trasportare le persone da una sponda all’altra dell’Adige, tra Villa Bartolomea e Begosso e tra Nichesola e Carpi. In passato, infatti, i ponti fissi erano troppo lontani per gli abitanti delle due rive: uno era a Badia Polesine, l’altro a Legnago. Così sia gli operari che lavoravano in aziende situate su una sponda del fiume e risidevano sull’altra, sia i numerosi braccianti che nei periodi di raccolta e mietitura si dovevano recare dall’altro lato dell’Adige, avevano bisogno dei “passador”, ossia dei traghettatori. In queste zone, tra Villa Bartolomea e Castagnaro, alcuni di essi sono entrati nella storia del luogo, per i tanti anni passati a servizio dei cittadini e per le loro peculiarità. Il più celebre ed il primo dei traghettatori, è Pietro Lonardi, soprannominato anche “Caronte”, e ricordato in molti testi per la sua estrosità e per la sua caratteristica vena poetica. Nato nel 1783, egli amava la poesia ed aveva imparato a memoria molti poemi epici come l’Odissea, l’Iliade, l’Eneide ma anche molte altre opere letterarie come la Divina Commedia. Era un personaggio a due vite: di giorno poeta e traghettatore, di notte giocatore incallito nelle bische clandestine. Morì a soli cinquant’anni nel 1924.
Dopo di lui la famiglia di traghettatori più celebre fu quella dei Faggion. Imparata l’arte dal padre Antonio, i due fratelli, Giovanni e Natale cominciarono a traghettare le persone di là dell’Adige. Il primo prestava il suo servizio a Villa Bartolomea, il secondo a Carpi. Giovanni visse sul traghetto per circa sessant’anni e quando, nel 1970, una piena distrusse il mezzo egli approfitto delle circostanze per incrementare il proprio servizio. Anziché avvilirsi, costruì un traghetto più solido, capace di trasportare non solo persone ma anche macchine, camion, carri ed altro materiale. Il suo servizio ebbe gran successo, e molte persone si rivolgevano a lui soprattutto in occasione della sagra paesana. Questo personaggio amava molto il suo lavoro, tanto che era spesso disponibile anche di notte. Giovanni Faggion muore nel luglio del 1981. Nello stesso anno, suo fratello Natale, dopo che una piena aveva distrutto il suo traghetto, decise di smettere di lavorare. Ormai non aveva più la forza per ricostruire la barca distrutta. Così con il suo “pensionamento”, scompare la figura del “passador”. Per i più giovani questa figura rimane un personaggi quasi leggendario, incontrato nei testi letterari più famosi, come nei “Promessi Sposi” o nell’ancor più letta Divina Commedia. Per coloro che invece c’erano e hanno potuto traghettare sull’Adige, almeno una volta, resta certamente un caro, indelebile ricordo.
 

La Frazione di CARPI DI VILLA BARTOLOMEA  (Parrocchia dal 1690 fu anche sede del vicariato)

carpiVeduta della chiesa di CarpiLe maggiori informazioni su come era Carpi cinquecento anni fa le ricaviamo soprattutto dai resoconti delle visite pastorali, ossia le visite che il vescovo o chi per esso effettuava nei territori sottostanti la sua responsabilità diretta. Ci viene riferito ad esempio che Carpi divenne parrocchia nel 1690, anche se una rettoria esisteva nella zona fin dal 1460. I suoi parroci, a differenza di quello che succedeva in altre parrocchie come Villa Bartolomea o Spinimbecco, venivano nominati dal vescovo e non dalle famiglie nobili locali. La sua chiesa originaria, appartenente con ogni probabilità al quindicesimo secolo, era situata più o meno dove si trova l’attuale. Su di essa si è creato un vero e proprio caso storico dal momento che non si conosce con certezza se sia stata consacrata oppure solo benedetta. Nei fascicoli delle visite pastorali del 1740 viene detto che la chiesa è stata solamente benedetta. Tuttavia, prima di quella data esistono documenti dichiaranti che gli altari e la chiesa sono stati, in effetti, consacrati. L’arcano è facilmente risolvibile se si tiene presente che la notizia della semplice benedizione della chiesa del 1740 fu data da un novello parroco, don Giuseppe Zanardi, affidatosi alla memoria dei parroci di Villa Bartolomea e Spinimbecco, probabilmente male informati. Dal momento che le famiglie nobili non avevano diritto di giuspatronato sulla chiesa di Carpi, tutta la sua manutenzione era a carico della comunità. I vari interventi di restauro prima dell’altare Maggiore e poi della chiesa vennero dunque effettuati grazie alle “spontanee offerte del popolo”, come appare in un’iscrizione datata 1834.
Una notizia interessante che si apprende dalle relazioni delle visite pastorali è che Carpi nel 1700 fu la sede del Vicariato. Non si sa per quanto tempo lo rimase, prima di lasciare il posto a Castagnaro, comunque è certo che per alcuni anni, al tempo del parroco don Antonio Zani, Carpi si occupò dell’amministrazione di parrocchie come Villa Bartolomea, Castagnaro, Spinimbecco e Villabona.
 

La Frazione di SAN ZENO IN VALLE  – Da Valle Estrema a San Zeno sognando Verona

valli grandi ridSan Zeno in Valle oggi conta poco più di duecento abitanti ma un tempo questa zona era densamente popolata. In origine, l’Adige non seguiva l’attuale corso, e passava più a nord, verso Bevilacqua, mentre in queste zone scorreva solo un suo piccolo affluente, il Chirola. Nel 589 una violenta alluvione cambiò il corso del fiume: a nord il letto si prosciugò, e la corrente spinse l’acqua sul Chirola che divenne il principale fiume, mentre prima il punto di riferimento era il fiume Tartaro. Prima di tale data, i ritrovamenti testimoniano la presenza di civiltà dell’età del Bronzo. Sopra questi insediamenti i romani costruirono le loro case, in quanto la zona era paludosa e poche erano le aree su cui edificare. La storia del paese che in principio si chiamava Valle Estrema, cambia radicalmente quando il Consorzio delle Valli Grandi, nel 1857, decise di attuare i primi lavori di bonifica. Sorsero le prime corti, piccole borghi autosufficienti, poste lontane le une sulle altre. I residenti erano legati maggiormente a San Pietro Polesine, perché non esistevano strade per recarsi a Villa Bartolomea. Gli abitanti andavano in chiesa a San Pietro, e sempre lì i bambini frequentavano la scuola, almeno fino al 1922 quando ne furono costruite anche a San Zeno. Le comunicazioni con il comune di Villa Bartolomea cominciarono nel 1937, quando furono ghiaiate le prime strade. Nel 1953 venne inaugurata la chiesa, grazie alla cessione del terreno da parte della famiglia Bianchi di Castelmassa. Gli abitanti allora erano circa ottocento: si credeva perciò opportuno creare un centro, perché fino ad allora l’unico punto di riferimento erano le corti, sparse per tutta la valle. Quando il centro venne costituito, gli abitanti furono chiamati a scegliere il nome. La zona era da tutti conosciuta come Valle Estrema, ma le scelte possibili per il nome definitivo erano diverse. Lo storico di Villa Bartolomea presuppone che scelsero San Zeno per sentirsi più legati a Verona. Data la lontananza geografica, vi era una sorta di vicinanza spirituale. L’esodo della valle cominciò nel 1958, dopo una violenta alluvione che inondò tutto il territorio. Nel 1965 il comune di Villa Bartolomea, anche per frenare lo spopolamento, ampliò l’edificio scolastico e costituì alcuni ambulatori medici, mentre nel 1969 furono inaugurate le scuole materne. Ma l’esodo non si placò: l’aumento dei collegamenti col comune provocò l’effetto contrario di quello sperato. Gli abitanti infatti preferiscono spostarsi verso il centro con le famiglie per essere più vicini ai servizi, continuando a recarsi a San Zeno solo per lavorare. Le scuole furono presto chiuse e ciò aggravò ancor più la situazione.
Si fa fatica oggi pensare che San Zeno sia un vero e proprio paese: non ci sono che campi e terreni, qualche casa e una piccola chiesetta immersa in un prato e aperta solo la domenica mattina per la messa. Gli abitanti oggi sono all’incirca novanta e tra di loro si conoscono tutti, come fossero fratelli. Sono i proprietari dei campi circostanti, abituati a vivere nella natura e in collaborazione con essa. Le case e gli agriturismo sono le mete preferite dalle scolaresche che possono riscoprire una realtà legata all’agricoltura e ai suoi prodotti; prodotto che sono naturali e non hanno mai visto alcun procedimento industriale o chimico. San Zeno, considerata anche la distanza di appena 9 km dalla superstarda, andrebbe rivalutata ma, si pensa che sia meglio che tutto resti così, con la sicurezza, per chi è immerso nel caos dei centri più grandi, di avere a pochi chilometri luoghi di totale tranquillità.
 
Le Necropoli
valli grandi 2 ridVeduta delle valli grandi veronesiSan Zeno in Valle riveste un’importanza notevole in ambito archeologico grazie alla necropoli situata in “Franzine Nuove”: una località sorta su un antico corso dell’Adige, nel cuore delle Valli Grandi e oggi costituita per la maggior parte da terreno sabbioso. La scoperta del sito avvenne per caso nel 1968, quando i fratelli Sordo, che stavano scavando una buca per ricavarvi un essiccatoio per il mais, s’imbatterono in alcune ossa umane. Fu informata del fatto la signorina Maria Fioroni, studiosa di archeologia delle Valli. Le ossa furono esaminate presso l’Istituto di Scienze Naturali di Verona e giudicate dell’Età del Bronzo, in un arco di tempo che va dal XIII al XII secolo a.C.
Dopo circa undici campagne di scavi, la Necropoli oggi appare di dimensioni vastissime. Ne sono stati attualmente esplorati 5000 metri quadrati, ma si suppone che ce ne siano almeno il doppio ancora da scoprire. Su circa uno spessore di due metri di sabbie alluvionali, sono state recuperate 582 sepolture: 394 a inumazione e 188 a cremazione. Le tombe a cremazione sono prive di corredo, costituite da urne di forma a globo o ovoidale. Non sempre sono dotate di coperchio. Quelle a inumazione hanno, invece, un corredo costituito da orecchini a fili di bronzo, spilloni, fermatiti con farfalline o perle in ambra e in osso in funzione di ferma pieghe, rotelle in osso, elementi di pasta vitrea e spiratine d’oro. La rilevanza di questo sito, oltre alle sue dimensioni, risiede nel fatto che questa necropoli è una delle più antiche a rito misto presente in Italia. Si ritiene che lo studio completo della zona funeraria ci dia la possibilità di conoscere in modo approfondito la struttura sociale di una popolazione preistorica vissuta tra il 1500 e il 1300 a.C.
Dagli scheletri riesumati è già stato possibile definire l’età della loro morte, ma altri elementi di interesse attendono ancora di essere decifrati.
 

Arnaldo Fraccaroli

imageIl giornalista Arnaldo Fraccaroli era nato il 26 aprile 1882 a Villa Bartolomea, paese della Bassa Veronese adagiato sul fianco destro del fiume Adige. Terra di nebbie e malinconie che viene pervasa da quell’aria fresca e frizzantina che scende dal Monte Baldo e che trasmette ai suoi abitanti un pizzico di dolce follia. Ancor giovane Arnaldo si trasferì con la famiglia a Lonigo, paese che si trova ai piedi dei Colli Berici in provincia di Vicenza. E’ proprio da qui che inizia, all’età di dodici anni, la sua avventura giornalistica e fu qui che si autonominò corrispondente del giornale “L’Arena” di Verona. Il suo talento venne riconosciuto da un altro importante giornalista veronese, Renato Simoni, che nel 1909 lo segnalò al direttore del “Corriere della Sera”, Luigi Albertini. Da allora in poi scriverà sempre per questo giornale e per l’annesso mensile “La Lettura”.
teatro ridBiblioteca intitolata ad Arnaldo FraccaroliGrande giornalista, corrispondente di guerra, inviato speciale, viaggiatore, romanziere, commediografo umorista, filosofo e conferenziere il “FraKa”, così si firmava, ci ha lasciato ventotto commedie tra cui “Ostrega che Sbrego” (1907) e “Siamo tutti milanesi” (1952); sedici libri di viaggio come “La porta dell’estremo oriente” (1934) ; ventitré fra romanzi e novelle come “Tomaso Largaspugna” (1902); dodici biografie di cui ben quattro riguardanti il compositore e suo amico Giacomo Puccini; nove volumi di corrispondenze di guerra tra cui ”La vittoria del Piave”. Il poeta dialettale Fra Giocondo lo presenta così: – Caro uomo elegante, di finezza aristocratica che quando tornava in città si levava il cappello facendo un profondo inchino alla grazia di Madonna Verona…” e come ricorda il giornalista Arnaldo Bellini in un suo scritto: –Molte volte capitò a Villa, luogo della sua infanzia, quando maggiormente sentiva il bisogno di tranquillità e serenità. L’ultima volta fu nel settembre del 1953, e in quell’occasione si rammaricò delle modifiche apportate alla sua casa natale. Morì a Milano, il 16 giugno del 1956, assistito dall’allora arcivescovo Giovan Battista Montini, che eletto papa, prese il nome di Paolo VI. Migliaia di persone assistettero al suo funerale e vennero scritte commosse pagine da parte di Orio Vergani, Dino Buzzati, Indro Montanelli. Nel suo testamento lasciò in dono i guadagni di una vita ai “Mutilatini di Don Gnocchi”, ai tipografi del suo giornale e alla Curia di Verona, perché trasformasse in asilo per bambini orfani, la villa “Alle Toresele”. Il comune di Villa Bartolomea non si è dimenticato di questo illustre giornalista intitolandogli il corso principale del paese, la biblioteca comunale e apponendo la lapide commemorativa sul muro della casa natale. Inoltre la Pro Loco ha inserito il suo nome nel concorso di poesia dialettale intitolato “Premio regionale di poesia dialettale Angiolo Poli, Lino Zefferino, Ramarro e Arnaldo Fraccaroli”.
 

PERSONAGGI ILLUSTRI

ü  Fra’ Pietro Paolo Bettini, religioso francescano

ü  Ing. Giovanni Vicentini, primo sindaco dopo l’annessione del Veneto all’Italia

ü  Ing. Giuseppe Belluzzo, deputato

ü  Primo Bonato, deputato

ü  Arnaldo Fraccaroli, giornalista

ü  Amerigo Passuello, baritono

ü  Giuseppe Scandola, baritono

ü  Ignazio de Tomi, poeta

ü  Angiolo Poli, poeta dialettale

ü  Guido Lucchi, fotografo

ü  Luigi Lucchi, direttore musicale