Con il nome di Bocche di Leone, in veneziano Boche de Leon o Boche per le Denunzie Segrete, erano indicati dei particolari contenitori, simili alle odierne cassette postali, sparse per la città di Venezia e in particolare nei pressi e all’interno del Palazzo Ducale, grazie ad i quali la Repubblica di Venezia riusciva a controllare il proprio territorio. In pratica erano dei bassorilievi di marmo bianco che raffiguravano la testa di un leone o una faccia dall’espressione cattiva. Al posto della bocca vi era una buca per inserire dei fogli di carta con le denunce segrete dei veneziani. Era un sistema semplice ed efficace per vigilare sui propri cittadini non solo dal punto di vista della fedeltà al Doge e alle istituzioni, ma soprattutto dell’onestà, dell’attaccamento alla Repubblica e servivano a raccogliere le denunce segrete destinate ai Magistrati.
Il loro nome deriva dal fatto che questi contenitori riportavano spesso scolpita la bocca di un leone o di una fiera con le fauci spalancate sopra la quale si trovava un dicitura sul tipo di denuncia che tale buca era destinata a raccogliere. Il fatto, poi, che spesso tali bocche fossero rappresentate in forma di muso leonino, servivano a ricordare proprio il Leone di San Marco, simbolo dello Stato veneziano.
Le denunzie pur garantite dal segreto, non potevano però essere rigorosamente anonime, pena la distruzione, a meno che non riferissero di casi di particolare e speciale gravità, nel qual caso le magistrature avevano l’obbligo di effettuare un attento vaglio prima di procedere. Tali tipologie di denunce, che spaziavano sul più ampio campo di reati, risultavano in particolare essenziali per il funzionamento di tribunali speciali che erano preposti alla sicurezza dello Stato e che portavano il nome di Inquisitori di Stato e Consiglio dei Dieci.
Ecco quindi che le denunce potevano riguardare vari tipi di reati tra i quali l’inadempienza alla sanità, la bestemmia o l’evasione fiscale. Quindi le Bocche di Leone potevano essere collocate in prossimità degli ospedali, sulle facciate delle chiese, vicino alle case dei magistrati ma anche all’interno del Palazzo Ducale. Le accuse (seppur segrete) non potevano essere anonime e dovevano citare almeno due testimoni, altrimenti venivano bruciate dai giudici. Le denunce segrete più pericolose erano quelle che venivano presentate con l’accusa di tradimento e cospirazione ai danni dello Stato. Sembra infatti che le prime Bocche di Leone siano state introdotte dopo il tentativo di colpo di stato di Baiamonte Tiepolo nel 1310. In questo caso, anche senza supporto di testimoni, le denunce venivano inoltrate al temutissimo Consiglio dei X che provvedeva immediatamente ad indagare sul sospettato. Iniziavano così gli accertamenti, i pedinamenti e spesso le incarcerazioni preventive ai danni dell’accusato. Il sospettato poteva rimanere per dei mesi all’interno dei Piombi o dei Pozzi, in attesa di giudizio. I Piombi (costruiti nel 1591) erano delle celle localizzate nel sottotetto del Palazzo Ducale ed erano famose perché, essendo ricoperte appunto di piombo, vi faceva un caldo terribile durante le giornate di sole in estate.
Con il passar del tempo le casselle delle denunce segrete iniziarono a diffondersi anche in terraferma e ne vennero collocate nei luoghi deputati a tribunali. I rettori accettavano normalmente denunce segrete su moltissime materie come: contrabbandi di sale, tabacco, evasioni ai dazi, monete false, danneggiamenti di risaie e degli argini del fiume Adige, arruolamenti clandestini di soldati, diserzioni, legni e boschi, debiti pubblici, meretrici, vagabondi e poveri, bravi e banditi, frodi e giochi durante le fiere e tanto altro,
È da rilevare che furono molteplici le materie oggetto di denunce segrete anche in ambito sanitario ad esempio: le epidemie di peste, le malattie dei bovini, degli ovini, lo spaccio di carni infette, le immondizie, l’igiene pubblica, l’esercizio abusivo della professione medica e di chi vendeva illegalmente medicinali.
Tra il 1600 e il 1700 ne troviamo, in provincia di Verona, più di una come quelle collocate nella fortezza di Legnago e di Peschiera, mentre a Verona sempre nel settecento in una data non meglio precisata ne viene collocata una nella pubblica piazza in pietra contro i contrabbandieri. In città ne esistevano altre due: la prima per le denunzie segrete di pratiche, preghiere, maneggi, brogli conventicole ed altro collocata sotto la Loggia del Consiglio, dopo il 20 febbraio 1701; la seconda bocca era invece riservata alle denunce segrete contro gli usurai e contro i contratti uso pratici. La cosa interessante è che in provincia sono rimaste solo due bocche di pietra: la prima a Cologna Veneta per le denunce segrete contro i cancellieri, i coadiutori o altri che esercitassero cancellerie in contraffazione alle leggi o che praticassero estorsioni o altro in offesa della giustizia criminale; l’altra a Sanguinetto località infeudata tra il Quattrocento ed il Settecento a Gentile da Leonessa quindi alle famiglie Lion di Padova e Avogadro di Brescia, che risulta semplicemente intitolata Cassella delle denontie secrete e si trova nel cortile interno del castello.