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IL CASTELLO DI ANGIARI

Anche il paese di Angiari aveva, in antichità, il suo castello. Un luogo dove poter difendersi dagli attacchi nemici in una zona strategicamente importante come questa, posta a due passi dal fiume Adige, la più importante via di comunicazione del territorio fino alle epoche moderne. Per risalire ai primi documenti che parlano di tale presenza ad Angiari in base agli studi di Erica Marino, bisogna risalire alla fine del 900 e precisamente al 995 quando, grazie alla donazione di Ermengarda, sappiamo per la prima volta dell’esistenza ad Angiari di un castello con una cappella in esso costruita.
Ma prima di parlare di questa fortezza, è necessario introdurre il fenomeno dell’incastellamento medievale, termine con il quale gli storici identificano un processo che è il risultato di una lenta trasformazione dagli insediamenti sparsi dei secoli antecedenti al X sino a concepire una nuova forma di habitat più compatta e organizzata attraverso i castra o villaggi fortificati. Un processo che si sviluppò tra il 920 ed il 1150 prima come insediamento sparso, poi come villaggio fortificato per opera dei signori locali i quali promossero i villaggi fortificati cioè i (castra), concentrando in essi sia gli insediamenti abitativi sia l’ammassamento dei prodotti. Essi furono, in un certo senso, gli antenati dei più moderni e successivi borghi tipici del Nord Italia nei quali si posero le basi per un funzionamento agricolo da villaggio medievale classico, con spazi agrari dentro e attorno alle mura con orti, vigne, cereali e pascoli.
Un documento del 1010 precisa anche le dimensioni del castello di Angiari la cui superficie era di 2.750 metri quadrati, meno di un campo veronese, che risultava pari alla metà di quello di Nogara. Non sono stati tramandati i motivi della sua costruzione, forse per difendere la popolazione da incursioni esterne, forse per trovare un luogo sicuro dove tenere i viveri o forse per controllare meglio gli abitanti. Ebbe comunque vita breve e così come velocemente fu eretto, così tanto velocemente decadde. Infatti già nella prima metà del XII secolo la sua funzione risulta cessata tanto che in alcuni documenti del 1138 viene definito “vecchio” e da altri testi addirittura saccheggiato dal marchese D’Este. Non scomparve però del tutto, infatti alcuni suoi elementi strutturali rimasero per lungo tempo tanto che, nel 1260, viene menzionata la sua porta come riferimento topografico. Un’ ulteriore informazione della sua esistenza, è la cartografia con l’indicazione di alcune località in comune di Angiari, acquisite o vendute nel corso dei secoli. La denominazione Castrovetere sta infatti ad indicare un “castrum vecchio”, la località quindi dove sorgeva l’antica fortificazione. E proprio attorno al castello, nei pressi dell’Adige, si sviluppò nei secoli successivi la villa, cioè l’insediamento abitativo che dall’XI secolo in poi diede vita alla comunità di Angiari. Anche questo viene ad essere un elemento nuovo e diverso rispetto ad altri centri dove insediamento abitativo si sviluppò in terreni lontani dall’insediamento castrense come ad esempio a Nogara e Bovolone.
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IL PAESE DEI MULINI

Il fiume Adige che viene ad essere un tutt’uno con il paese di Angiari, ha permesso il nascere e lo svilupparsi di un’attività di grande importanza per questo piccolo centro del Basso Veronese: quella dei mulini sull’Adige. I mulini natanti erano imbarcazioni caratteristiche e tipiche proprio di queste zone, diffuse nel veronese fino al XIX secolo, che permettevano di sfruttare la corrente del fiume per far girare le pale che mettevano in moto una macina posta all’interno del mulino che si trasformava in un ottimo strumento per macinare i prodotti della terra.
Per secoli questo tipo di mulino fu l’unico conosciuto ed utilizzato lungo lo specchio di terra lungo il grande fiume finché, nel Settecento, la famiglia Giustiniani non decise di costruirne uno nuovo, diverso dagli altri detto terragno cioè posto sulla terra ferma e quindi non più sull’acqua. A documentare per primo questa antica attività ad Angiari è stato Bruno Chiappa che attesta come, già nel 1325, venne concesso in locazione decennale da parte del vicario ed amministratore del Comune, un mulino a Fiorio del fu maestro Davide e a Bonomo fu Bericino.
Che l’attività del mugnaio fosse molto diffusa ad Angiari, lo attestano vari documenti. Basti pensare che alla fine del 1500 il paese possedeva ben 18 mulini, il numero più alto di tutti gli altri paesi del Basso Veronese. Una mappa del 1689 relativa alla situazione idrica di Roverchiara ed Angiari, fa capire chiaramente come l’arte dei mulini si fosse molto sviluppata soprattutto grazie all’andamento particolare del fiume proprio in questo tratto. Il mulino natante era un’imbarcazione costituita da uno zatterone che poggiava su tre barconi che venivano chiamati pontoni e che erano attaccati alla riva del fiume grazie ad una robusta catena in ferro. Sopra questa base si trovava la ruota del mulino che veniva mossa dalle acque dell’Adige e, a completare la struttura, vi era una semplice capanna che ospitava le mole del mulino.
Angiari si teneva caro questo lavoro che, pur essendo molto particolare, dava lavoro a tanta gente sia direttamente sia grazie all’indotto. Nella seconda metà del Settecento i mulini erano nove; sette nelle vicinanze del paese e due in località Porto. Fra le varie imbarcazioni vengono ricordate una pila da riso con ben otto piloni ed un “passo volante” che permetteva di collegare le rive del fiume, molto più vicine e molto più unite di adesso. Ed è anche grazie alla storia dei mulini e dei mulinari che possiamo ricostruire la presenza in passato di varie famiglie di Angiari. Infatti agli inizi dell’800, un mulino era di proprietà di Giovanni Banzati, un’altra pila apparteneva a Pietro Valtarini, un mulino apparteneva a Gaetano Bronzato, un altro a Giuseppe Sandrini. Altri proprietari erano Giuseppe Ambroso, poi Massimiliano Carazzoli e Rodolfo Mantovani, poi Petternella e Rinaldo Zonzin, quindi Luigi Pavan, Bortolo Giusti, Gerolamo Sandrini, Paolo Ambroso ed infine Antonio Barbieri.
Con l’avvento della tecnologia ed i metodi più redditizi per la macinazione dei cereali, pian piano i mulini scomparvero e con loro una storia ultracentenaria. Fu come privarsi di un pezzo delle nostre tradizioni e dei nostri segreti ed anche il fiume divenne sempre meno una indispensabile via di comunicazione. Le merci infatti iniziarono a transitare sempre più lungo le vie di terra mentre il fiume divenne sempre meno frequentato. Dei barconi che scendevano lungo l’Adige, rimangono oggi solo nelle fotografie vecchie ed ingiallite che documentano lo splendore di un’epoca ormai scomparsa.
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LA BATTAGLIA LUNGO L’ADIGE AD ANGIARI

Era il 1797 e nelle nostre terre imperversavano gli eserciti francese ed austriaco. La popolazione terrorizzata nascondeva tutto quello che poteva essere razziato dai soldati e sperava in una conclusione del conflitto che avrebbe riportato pace e tranquillità. Napoleone Bonaparte, con l’avvio della Campagna d’Italia, sconvolse i fragili equilibri che regnavano nelle nostre terre.
Nel gennaio del 1797, dopo continui successi delle truppe francesi, le truppe austriache del generale Wurmser si erano rifugiate a Mantova per resistere agli attacchi francesi; un assedio lungo e snervante che stava mettendo a dura prova i soldati assediati. Venne così deciso di inviare un esercito in aiuto degli austriaci per cercare di rompere l’assedio e portare viveri e rifornimenti ai soldati austriaci. A comandare la divisione composta di 6.000 uomini, il generale Giovanni Provera, nato da nobile famiglia a Pavia. I francesi decisero di bloccare l’invio degli aiuti e progettarono degli attacchi contro gli uomini del generale austriaco per rendergli difficoltoso l’arrivo a destinazione. Nonostante le continue incursioni del capitano Guyaux, il 13 gennaio Provera riuscì a raggiungere l’Adige proprio di fronte ad Angiari. Con una manovra da stratega lo attraversò ma il generale francese Augereau, attaccò alle spalle la colonna austriaca che rispose alle provocazioni. Scoppiò così la battaglia lungo il fiume. Ad avere la meglio alla fine furono gli austriaci anche se, durante gli scontri, le perdite furono di circa 2.000 uomini. Affaticato, ma pur sempre con un esercito alle spalle, Provera si diresse rapidamente a Mantova dove, solo qualche mese prima, i difensori avevano capitolato consegnando la città nelle mani dei francesi. La battaglia di Angiari aveva avuto infatti un ruolo strategico sull’iniziative visto che, a causa degli attacchi, Provera aveva perduto i carri e i rifornimenti necessari per aiutare gli assediati. Lo scontro lungo l’Adige fu quindi determinante per le sorti della guerra e venne riprodotto in un acquerello di Giuseppe Pietro Bagetti conservato nel museo nazionale di Parigi da cui, nel 1835, fu tratta una stampa di grandi dimensioni.
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I PONTI IN COTTO DI ANGIARI

Sono da ammirare i numerosi ponti in cotto  costruiti tra il 1400 e il 1500 sul fiume Bussè. Servono ancora per collegare il centro abitato del paese con le località dislocate nella parte occidentale del territorio anche se qualcuno, a causa di qualche cedimento strutturale, è stato rimpiazzato da moderni ponti in cemento armato. Questi ponti venivano costruiti a forma di dossi molto accentuati, permettendo sotto di essi il passaggio delle barche, in quanto il fiume Bussè è sempre stato un corso d’acqua navigabile.

PERSONAGGI ILLUSTRI

Isidoro Orlandi

Poeta (1781-1853) abitò ad Angiari dal 1830 al 1840. Tra le sue opere la raccolta di poesie dal titolo “Saggio Poetico del Ciabattino dell’Adige”.

Domenico Dal Cer

Maestro laico a cui, nel 1905, gli fu concessa una medaglia per “gli otto lustri di insegnamento”.

Francesco Negrini e Natale Negrini

Parroci ribelli durante il dominio austriaco. S’impegnarono notevolmente a favore della scuola e della sanità locale.

Aurelio Perinelli (1848-1930)

Sindaco per diversi anni di Angiari, fu di ispirazione progressista e s’impegno molto per lo sviluppo del paese.