LA CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO

Interessante è scoprire come esso fosse già stato ristrutturato più volte e come, in occasione di una visita pastorale avvenuta nel 1460, fu trovato in condizioni talmente precarie da ordinarne l’immediato restauro. Diversi furono comunque i documenti legati al luogo di culto di Angiari e agli altari che lo adornavano intitolati al Corpo di Cristo, alla Madonna, ai Santi Innocenti con San Giovanni e San Bernardino. Lavori di sistemazione della vecchia parrocchiale ci riportano al 1695 e poi via via negli anni, fino ad arrivare al 1728, quando si sistemò il maestoso e solenne altare maggiore.
Ma com’era la vecchia chiesa prima della sua demolizione? Da una descrizione risalente a pochi decenni prima dell’abbattimento, risultava addossata al fiume Adige e soffriva di umidità tanto che gli olii santi si conservavano in un luogo appositamente scavato per evitare si rovinassero a causa della troppa umidità presente. Essa era disposta su tre navate, terminava con il presbiterio absidale chiuso da una balaustra in marmo.
Già allora la chiesa versava in uno stato precario e anche se venne temporaneamente sospeso il decreto di demolizione voluto per garantire la sicurezza degli abitanti, si sapeva che si sarebbe dovuto procedere alla sua demolizione. Furono le piene dell’Adige a decretarne la fine, specie quella del 1748 che vide il parroco celebrare l’ultima messa tre anni dopo l’allagamento del centro storico del paese. Nel 1753 venne posta finalmente la prima pietra ed in breve non solo l’edificio raggiunse una certa altezza, ma fu pure avviata la costruzione della facciata. I lavori continuarono anche negli anni successivi tanto che nel 1758 risultavano quasi terminate le quattro cappelle laterali e venne trasferito l’altar maggiore. Nel 1762, il vescovo di Verona concesse al parroco di benedire la propria parrocchiale. Furono necessari altri anni per completare i lavori come: parte del pavimento, dell’intonaco, della cornice alle pareti, e altri; ma la nuova chiesa era già frequentata ed in essa si officiava regolarmente. Dei quattro altari presenti, tre sono originali e riconducibili alla vecchia chiesa, quello di Santa Teresa, quello di San Giuseppe e quello della Madonna del Carmine, in precedenza del Corpus Domini, della Madonna del Rosario e la Madonna della Cintura, il quarto, anch’esso proveniente dalla vecchia parrocchiale e in origine dedicato al Nome di Cristo, venne quasi completamente ricostruito e dedicato al Sacro Cuore.
Tra le opere d’arte è da annoverare una statua lignea del quindicesimo secolo posta sull’altare intitolato alla Madonna del Carmine; dietro l’altar maggiore nell’ovale dipinto, vi è raffigurato san Michele Arcangelo mentre sconfigge il demonio databile alla seconda metà del Settecento. Vi sono pure un Cristo con la croce, angeli e Padre Eterno presumibilmente dipinto dopo il 1569, ed una Circoncisione di Cristo, i santi Bartolomeo e Antonio Abate e due committenti attribuita a Giovanni Battista Rossi detto il Gobbino che operò verso la metà del 1600.
Oratorio di Santa Croce

La prima menzione dell’oratorio di Santa Croce si ha, secondo alcuni studiosi, in un testamento del 1523 di un certo Giacomo fu Pietro di Angiari, ricco e fortunato commerciante veronese di stoffe. Egli fu, con molta probabilità, uno dei fondatori delle fortune economiche della famiglia degli Angiari, la quale fece un lascito in denaro alla chiesetta della località da cui provenivano alcuni suoi antenati. Possiamo quindi dire, con una base di certezza, che l’oratorio venne eretto agli inizi del 1500, data confermata pure in occasione della visita pastorale di monsignor Matteo Giberti nel 1529 e in quelle successive nelle quali viene ricordato con il titolo di Santa Maria della Croce asserendo che il luogo di culto non disponeva di alcun bene in quanto governato da una società in onore della Vergine.
Si hanno notizie di altri lavori nel 1541, mentre si suppone che l’oratorio avesse già tre altari. La visita del 1611 ci dice della loro intitolazione e, in particolare, di due di essi: il maggiore alla Madonna e quello della famiglia Parma Lavezzola alla Vergine della Neve; il terzo era invece senza titolo.
