LE DENUNCE SEGRETE E LA CASSELLA DI SANGUINETTO

P1100003 ridNell’antica Repubblica di Venezia con il nome di Bocche di Leone (veneziano: Boche de Leon) o Bocche per le Denunce Segrete (Boche per le Denunzie Segrete) erano indicati dei particolari contenitori, simili alle odierne cassette postali, sparse per la città di Venezia e in particolare nei pressi e all’interno del Palazzo Ducale.
Erano un sistema semplice ed efficace per controllare i propri cittadini non solo dal punto di vista della fedeltà al Doge e alle istituzioni, ma soprattutto dell’onesta, dell’attaccamento alla Repubblica, del tipo di lavoro svolto ed erano destinate a raccogliere le denunce segrete destinate ai Magistrati.
Il loro nome deriva dal fatto che questi contenitori riportavano spesso scolpita la bocca di un leone o di una fiera con le fauci spalancate sopra la quale si trovava un dicitura sulla base delle denunce che erano destinate a raccogliere. Il fatto, poi, che spesso tali bocche fossero rappresentate in forma di muso leonino, servivano a ricordare proprio il Leone di San Marco, simbolo dello Stato veneziano, all’origine del comune nome di Boche de Leòn.
Le denunzie pur garantite dal segreto, non potevano però essere rigorosamente anonime, pena la distruzione, a meno che non riferissero di casi di particolare e speciale gravità, nel qual caso le magistrature avevano l’obbligo di effettuare un attento vaglio prima di procedere. Tali tipologie di denunce, che spaziavano sul più ampio campo di reati, risultavano in particolare essenziali per il funzionamento di tribunali speciali che erano preposti alla sicurezza dello Stato e che portavano il nome di Inquisitori di Stato e Consiglio dei Dieci.
Con il passar del tempo le casselle delle denunce segrete iniziarono a diffondersi in terraferma e anche le nostre province ebbero un’attiva presenza di questi contenitori a forma di bocca di leone. I rettori accettarono normalmente denunce segrete su moltissime materie come: contrabbandi di sale, tabacco, evasioni ai dazi, monete false, danneggiamenti di risaie e degli argini del fiume Adige, arruolamenti clandestini di soldati, diserzioni, legni e boschi, debiti pubblici, meretrici, vagabondi e poveri, bravi e banditi, frodi e giochi durante le fiere e tanto altro,
È da rilevare che furono molteplici le materie oggetto di denunce segrete specie in ambito sanitario ad esempio le epidemie di peste, le malattie dei bovini, degli ovini, lo spaccio di carni infette, le immondizie, l’igiene pubblica e anche l’esercizio abusivo della professione medica. Diffusa inoltre era la denuncia per chi esercitava in maniera abusiva la professione di medico o di chi vendeva illegalmente medici. Le casselle non sono a dire il vero diffusissime perché presenti per lo più nella loggia e sulle scale del palazzo pretorio cioè del palazzo prefettizio.
Comunque tra il 1600 e il 1700 ne troviamo più di una come quelle collocate nella fortezza di Legnago e di Peschiera. Sempre nel Settecento in una data non meglio precisata ne viene collocata nella pubblica piazza in pietra contro i contrabbandieri. A Verona su un presenti altre due bocche di pietra la prima per le denunzie segrete di pratiche, preghiere, maneggi, brogli conventicole ed altro collocata sotto La loggia del consiglio dopo il 20 febbraio 1701 quando i rettori resero nota la parte del consiglio comunale contro appunto i brogli le preghiere, i maneggi e le conventicole; la seconda bocca era invece riservata alle denunce segrete contro gli usurai e contro i contratti uso pratici. La cosa interessante è che in provincia si registrano solo altre due bocche di pietra la prima a Cologna Veneta per le denunce segrete contro i cancellieri, i coadiutori o altri che esercitassero cancellerie in contraffazione alle leggi o che praticassero estorsioni o altro in offesa della giustizia criminale, l’altra a Sanguinetto località infeudata tra il Quattrocento ed il Settecento a Gentile da Leonessa quindi alle famiglie Lion di Padova e Avogadro di Brescia, la cassella risulta semplicemente intitolata “Cassella delle denuntie secrete”.

UN AFFRESCO MOLTO PARTICOLARE

IMG 0395 ridAll’intero del castello si trova un enigmatico affresco datato 1571. E’ un’opera di indubbio valore che raffigura la Madonna con Gesù Bambino in braccio e, alla sua destra, una persona inginocchiata con una croce impressa nella propria armatura ed un vessillo che richiama le crociate. Poetiche le parole scritte da Bruno Bresciani nel libro “Terra e Castella delle Basse Veronesi” che scrive: “E chi sono que’signori, dell’affresco scoperto or non è molto, riccamente vestiti i quali, genuflessi con le mani giunte, alzano il capo verso l’apparizione della Madonna che ha accanto, pur in ginocchioni, un cavaliere crociato, vestito di ferro con in pugno un bianco vessillo dalla eguale croce?” Qualcuno ha avvicinato quest’opera ad un avvenimento avvenuto proprio nel 1571 e cioè alla Battaglia di Lepanto che vide le navi della Lega Santa tra le quali vi erano quelle veneziane, affrontare e sconfiggere la flotta di Mehnet Alì Pascià. La persona inginocchiata potrebbe essere uno degli antichi proprietari del castello che, dopo avere partecipato alla grande battaglia, volle far dipingere quest’opera per ringraziare la Vergine per la storica vittoria. Tuttavia le figure sottostanti, due adulti (un uomo ed una donna) ed un bambino, fanno anche intendere che quest’opera possa essere un tributo a chi, posto nella parte superiore dell’affresco ed avvolto dalle nubi, sia morto magari durante lo scontro navale e che dall’alto accanto alla Madonna, aiuti, difenda e protegga le persone che, rimaste sulla terra, lo pregano per avere da lui un aiuto, una preghiera ed una protezione.

 

SANGUINETTO E GLI OSPITI ILLUSTRI Cella Silvio Pellico a SanguinettoCella Silvio Pellico a Sanguinetto

La storia di Sanguinetto e la vita del maniero sono costellati da presenze importanti che attestano come questo paese fosse una tappa obbligata per gli uomini illustri di un tempo.
Il castello venne fatto costruire verso il 1200 e qui trovarono dimora il condottiero Jacopo Dal Verme ed il capitano Gentile della Lionessa. Il capitano di ventura inglese Giovanni l’Acuto vi si accampò invece con i suoi soldati nel Trecento (famoso il suo dipinto equestre a Firenze), mentre nel secolo successivo fece altrettanto Francesco Bussone, conte di Carmagnola.
Nel 1520 Federico Gonzaga giunse a Sanguinetto scortato da 200 cavalieri e, per accogliere degnamente l’ospite, nel castello venne fatto sfoggio di drappi e tappezzerie pregiate.
Verso la fine del 1700 questi luoghi furono teatro di un cruento scontro tra austriaci e francesi e tra i loro generali ricordiamo Wurmser e Massena. A parteciparvi fu anche Napoleone Buonaparte che, durante gli scontri, rischiò proprio a Sanguinetto di morire. La paura, dice la leggenda, fu tanta che il grande generale per riprendersi dallo spavento e dal terrore che il rischio di morire gli aveva procurato, si recò nella casa di una certa Cristina Zuccato in Ca’ Michieli dove mangiò voracemente delle uova per ritemprare l’animo ma, soprattutto, il corpo dallo spavento subito.
Un altro personaggio illustre che visitò Sanguinetto, fu Carlo Goldoni che, nel 1739, venne qui per un processo e qui trovò ispirazione per scrivere la commedia “Il feudatario” che tanto successo ebbe all’epoca specie all’estero.
Se da un lato il ricordo maggiore riguarda personaggi illustri, non dobbiamo dimenticare anche i passaggi di truppe veramente considerevoli che videro le strade di Sanguinetto riempirsi di soldati. Fu nel 1815 allorquando transitarono ben 15.000 soldati francesi armati per tornare in patria; un qualcosa di indescrivibile che riempì di uomini, animali, carri e materiale vario per alcuni giorni le strette strade che passavano davanti al castello. Un pellegrinaggio che si susseguì in fotocopia qualche anno dopo quando anche migliaia di tedeschi, in fuga dopo le battaglie di Solferino e San Martino, fecero lo stesso tragitto per tornare in patria.
A Sanguinetto si fermò pure i grande feldmaresciallo Johann Radetzky. Siamo nel 1848 ed il grande condottiero e stratega austriaco stava combattendo la Prima Guerra di Indipendenza. Fece sosta nel palazzo Roghi-Taidelli per poi ripartire e tornare in prima linea a dirigere le strategie di guerra.
Un altro evento scosse il paese nel 1821. Un gruppo di soldati tedeschi armati, si fermò a Sanguinetto per utilizzare le prigioni del castello ed ospitare dei pericolosi ribelli. Era la scorta che stava portandoli da Venezia allo Spielberg ed i prigionieri che fecero tappa, almeno per un notte nelle segrete del castello, erano Silvio Pellico, Maroncelli e Gonfalonieri. Tre persone scomode per un esercito d’occupazione come quello austriaco che doveva combattere i moti rivoluzionari sempre più forti e ramificati tra la gente. Ancora oggi vi è una targa che ricorda la cella nelle prigioni del castello che ospitò l’illustre patriota.
Altri importanti ospiti furono Francesco Giuseppe che fu in Italia a combattere gli insorti quando aveva soli 18 anni. Si fermò a Sanguinetto circa una settimana e fu proprio qui che conobbe il suo destino: futuro imperatore. Ironia della sorte, dallo stesso palazzo in cui fu ospite Francesco Giuseppe, meno di vent’anni dopo Giuseppe Garibaldi, l’eroe che permise l’unificazione dell’Italia, arringò il popolo il mezzogiorno del 10 marzo 1867.
Un’altra presenza famosa è legata al Secondo conflitto mondiale e alla visita fatta in incognito dal generale della Quinta armata americana Mark Wayne Clark nel palazzo Betti-Contro. Era il 29 aprile del 1945 e l’Italia era ormai libera dopo una guerra che ci aveva logorati e feriti nel corpo e nell’animo.
Altre personalità che a Sanguinetto si fermarono e pernottarono, furono: Ugo Foscolo, Ippolito Pindemonte, Pietro Verri e Giulio Perticari, personaggi famosi che, specie i primi due, erano soliti fermarsi nel Basso Veronese per fare visita alla contessina Silvia Guastaverza, nel palazzo di Campagna posto a pochi chilometri di distanza nel comune di Cerea.

CARLO GOLDONI A SANGUINETTO

sanguinetto goldonicommedia goldoniana – teatro Zinetti Il paese di Sanguinetto è caratterizzato dal suo castello. Posto nel cuore del paese, la sua notevole mole richiama i fasti e le memorie di avvenimenti storici, che dal Medioevo lo vedono protagonista fino al XIX secolo.
Venne fatto costruire dagli Scaligeri nel XIV secolo e affidato a Jacopo dal Verme. Esso rimase nelle sue mani ed in quelle dei suoi discendenti per oltre un secolo finché, nel 1452, il maniero fu confiscato ai discendenti Dal Verme accusati di tradimento e ceduto al Capitano della Serenissima, Gentile Della Lionessa. In questo modo la Repubblica di Venezia si sostituiva al patriziato veronese. Con questa nuova proprietà il castello fu diviso in parti e dato in eredità alle figlie di Gentile che lo portarono con sé in dote. I secoli successivi videro il castello seguire le vicende legate al passaggio delle truppe della Lega di Cambrai che lo misero a ferro e fuoco, e all’occupazione da parte di altri eserciti ancora. Nonostante le vicissitudini trascorse, il complesso ha mantenuto integre le caratteristiche di eleganza e maestosità che lo hanno contraddistinto nel corso del tempo. Sulla torre del Castello sono visibili gli stemmi gentilizi delle famiglie che si sono succedute nel maniero, oltre alle feritoie, testimonianza della presenza di un ponte levatoio. Sulla destra il passaggio pedonale. Tra il portale a tutto sesto del ponte e la porta per i passaggi ordinari, è presente la “bocca di leone” per le denunce segrete. Il cortile è costituito da un bel porticato quattrocentesco, sorretto da colonne con scolpito lo stemma dei Dal Verme. Attorno alle finestre archiacute, un bellissimo fregio a tribole su peducci, al di sopra del quale vi è un motivo floreale a garofani. Attualmente il Castello è per la gran parte di proprietà Comunale. L’antico mastio è ancora privato. Al suo interno, nel bellissimo salone d’accesso, è presente un grandioso camino in stucco del XVII secolo, con arabeschi, zampe leonine e zampilli d’acqua. Al di sopra lo sguardo protettore del leone di San Marco e di Erasmo Da Nardi, detto il Gattamelata.
Uno dei personaggi illustri che si fermarono a Sanguinetto fu Carlo Goldoni. Sembra infatti assodato che l’autore veneziano, nello scrivere la commedia “Il feudatario”, abbia tratto spunto da alcune vicende successe all’ombra del maniero.
Carlo Goldoni nasce a Venezia nel 1707. A nove anni raggiunge il padre medico, a Perugia e qui inizia gli studi presso i Gesuiti. Dal 1723 al 1725 è allievo del Collegio Ghilisieri di Pavia e frequenta la facoltà di Giurisprudenza, ma a causa di una violenta satira, “Il Colosso”, diretta contro le famiglie della nobiltà pavese, è costretto ad abbandonare la città. Nel 1731, la morte improvvisa del padre lo obbliga a riprendere gli studi interrotti e a laurearsi in legge a Padova. Inizia la sua attività forense ed è solo nel 1738 che Goldoni si dedica alla commedia con Momolo Cortesan, in cui la parte del protagonista era scritta quasi per intero, dando così inizio ad una nuova riforma che lo condurrà ad abbandonare l’improvvisazione della Commedia dell’Arte.
Nel 1747 conosce Gerolamo Medebach e dalla loro collaborazione nascono: La vedova scaltra, La putta onorata, Il cavaliere e la dama. Nel 1750 scommette col pubblico di sfornare 16 commedie in un solo anno; promessa che manterrà, dando vita tra le altre, a: “La bottega del caffè”, “Il bugiardo e Pamela”. Nel 1753 nasce “La locandiera”, proprio al termine del periodo che lo vede al fianco di Medebach. Successivamente assume un impegno di 10 anni con il teatro San Luca e qui mette in scena alcuni capolavori come Il campiello, I rusteghi, La trilogia della villeggiatura, Le baruffe chiozzotte. In un testo teorico del 1751 intitolato Teatro Comico, Goldoni espone la sua riforma con la proposta di restituire dignità letteraria al teatro, contrapponendo alle buffonesche improvvisazioni della commedia dell’arte il brioso e garbato studio di costumi della sua commedia di carattere. Prendendo spunto dalla vita quotidiana ne rinnova la trama facendo uso di un linguaggio che evidenzia l’aspetto realistico delle situazioni create dai suoi personaggi, oramai privi di maschere.
Ma la fortuna gli volta le spalle; così, a causa di alcuni insuccessi e di una mai sopita disputa con Carlo Gozzi, decide di lasciare Venezia e l’Italia e di trasferirsi a Parigi. Riprende così a scrivere e le sue opere vengono rappresentate alla Comédie Italienne, suscitando l’ammirazione di Voltaire. Siamo agli inizi del 1770 e se da un lato Goldoni continua a scrivere commedie in dialetto veneziano, dall’altro compone in francese le sue Memorie, iniziate nel 1784 e pubblicate nel 1787. Verso la fine d ella sua vita, Luigi XV gli garantisce una modesta pensione. Goldoni muore quasi in miseria a Parigi, nel 1793.
La commedia “Il Feudatario” venne pensata proprio a Sanguinetto. Ebbe molto successo di pubblico, non solo in Italia, ma anche in Austria e in Germania. Rappresentata nel corso del carnevale del 1752, è ambientata nel feudo di Montefosco (nella realtà Sanguinetto). L’azione scenica è incentrata sulla protesta dei tre deputati di Montefosco contro le pretese del nuovo marchese Florindo, feudatario del luogo. L’analisi del potere che si può evincere da quest’opera teatrale, può benissimo essere condivisa nel contesto della nostra contemporaneità. La vicenda racconta degli abitanti di un feudo che, avendo perso il loro signore, attendono di essere governati dal figlio. Nessuno però sembra desiderare questo passaggio di testimone. Non sono d’accordo Nardo, Cecco e Mengone rappresentanti del popolo che lottano per affermare la propria dignità, il proprio diritto alla libertà dal comando altrui; non è d’accordo Rosaura, prostituta per caso, erede legittima di quel posto di comando; non è d’accordo Florindo stesso, che di comandare non ne vuole sapere, e preferisce vivere nel suo mondo, fatto di follia, vera o simulata, condividendo inutili discussioni di filosofia, con un uomo che vive nelle fogne: Arlecchino. L’unica a desiderare che l’alternanza del potere segua il suo corso consueto è Beatrice, madre di Florindo, che dal potere del figlio dipende. D’accordo con lei è solo Pantalone, intraprendente burocrate votato alla causa dei padroni. Il Feudatario è una commedia innovativa sia per il contenuto che per il fatto di rappresentare la gente di compagna nel ruolo di protagonista.

GAETANO ZINETTI

220px RitrattoZinettiA Gaetano Zinetti musicista di Sanguinetto, è intitolato il locale teatro sociale. Direttore d’orchestra ed interprete attento della musica vagneriana, Gaetano Zinetti nacque nel 1873 e visse le tante contraddizioni di un epoca travagliata che stava finendo di fornte all’arrivo del nuovo millennio. Fu attento e capace compositore e direttore d’orchestra e il comune di Sanguinetto per ricordare la sua figura e le sue opere volle istituire, nel 1994, un Concorso Internazionale di Musica da Camera denominato “G. Zinetti” per dare un’opportunità di rilievo ai migliori giovani concertisti mondiali contribuendo alla loro affermazione nel mondo del concertismo. Gaetano Zinetti morì nel 1911.

PERSONAGGI ILLUSTRI

ü  Giulio Nascimbeni, giornalista (1900-1979)

ü  Gatano Zinetti, musicista compositore (1873-1911)