Le abitazioni patrizie e la nobiltà

Di notevole interesse storico – artistico, sono le ville dei nobili edificate per lo più tra il VIV e il XVIII secolo nella pianura veronese.

Queste particolari abitazioni, sebbene siano state costruite in secoli diversi, alcune come ville altre come corti nobiliari, presentano delle differenze architettoniche molto labili.

Sia per un tipi che per l’altro, l’edificio principale è molto simile nella struttura architettonica; può variare lo scalone d’accesso ai piani nobili, può variare un balcone, una loggia, può variare il contorno delle finestre, il portone d’accesso con il suo viale, ma in linea generale, l’impianto è sempre lo stesso.

L’elemento fondamentale che differenzia questi tipi di costruzioni è l’aspetto scenografico del giardino, l’uso della vegetazione come complemento architettonico.

L’Oratorio

L’oratorio è, invece, un qualsiasi edificio sacro, privato o dipendente della parrocchiale, che abbia un altare e sul quale si possa celebrare la messa. Di solito hanno dimensioni modeste e no vi si tiene permanentemente il Santissimo in quanto le ufficiature sono temporanee e legate a precisi momenti dell’anno.

Nel 1700 gli Oratori erano una prerogativa di buona parte delle Ville venete e la completezza delle funzioni liturgiche era data dall’aula con un altare e tabernacolo, una sacrestia con fonte battesimale, il lavamani ed angolo confessionale, con l’aggiunta tardo seicentesca dello spazio privato per l’orazione della famiglia proprietaria. Necessarie nei luoghi sacri le acquasantiere, con le opere in marmo in genere, sono di pregevole fattura, diversissime fra loro, e testimoniano la grande capacità degli scalpellini dell’epoca.

Le pale d’altare, elemento devozionale al titolo della chiesetta, venivano usualmente commissionate a maestri di bottega, mentre le pitture murali sono opera di maestranze locali portate più alla decorazione e agli stucchi che alle figurazioni pittoriche.

I campanili sono costruiti in pietra o in mattoni intonacati, comunemente a bifora o con due archetti; in basso si trova la campana e sopra la campanella per l’appello alle funzioni. L’apice della diffusione degli Oratori privati viene raggiunto nella prima metà del 1700, molto tempo dopo che San Filippo Neri aveva istituito la regola degli Oratori nel 1575. I luoghi di culto si possono suddividere in oratori pubblici, semipubblici e privati. L’oratorio della Villa consente ai nobili e notabili di usufruire quotidianamente del Sacro in forma familiare, necessariamente con Indulto Papale a precetto della mensa quotidiana e con Indulto straordinario per tre messe e per l’amministrazione dei Sacramenti, con decreto in forma di Bolla Pontificia.

Gli oratori delle Ville che aderiscono alla categoria di “privato”, riservano le funzioni esclusivamente ai familiari del proprietario, e sono quindi collocati all’interno della residenza.

Sono invece “pubblici” quando, per scelta del richiedente, vengono costruiti con la porta in strada per consentire il beneficio del Sacro anche ai passanti, oltre che agli insediati; la porta veniva aperta quotidianamente, con l’accesso impedito da una grata, che consentiva la preghiera all’esterno negli orari in cui non si svolgeva l’orazione collettiva.

La Pieve

Le pievi costituirono, in origine, le prime chiese cristiane di un territorio. Ad ogni pieve corrispondeva un borgo e da essa dipendevano varie chiese dei paesi vicini, dette sussidiarie. Probabilmente all’inizio la pieve utilizzò edifici provvisori, poi occupò ed adattò templi pagani. Il sacerdote pievano celebrava i riti religiosi, organizzava il territorio e la diffusione della fede tra la gente. Quando il Cristianesimo andò sempre più diffondendosi (secolo V e VI), la pieve risultò insufficiente e furono allora erette nuove chiese subalterne, dette cappelle o tituli, sia nel borgo della stessa (Cappelle Vicarie, Suffraganee), in modo da venire incontro ai disagi dei fedeli. I sacerdoti di queste nuove chiese avevano soltanto la cura delle anime e celebravano a nome del pievano presso cui risiedevano. Col tempo essi formarono una Congregazione o Capitolo (chiese Collegiate), presieduta dal pievano.

Anche le chiese dipendenti eressero altre cappelle a loro volta subalterne, le quali si trasformarono poi nelle attuali parrocchie o scomparvero dal tutto. Buona parte di esse, quindi, sorse su preesistenti edifici di culto pagano e furono, in breve, luogo di aggregazione sociale e civile oltre che religioso. La pieve è chiesa con cura d’anime che si sostiene da sola, ha il cimitero, amministra i sacramenti e, fino al XIII secolo era l’unica che poteva somministrare il battesimo.

Pervenuteci in buono stato di conservazione, le pievi mantengono, nella maggior parte dei casi, le caratteristiche originarie in stile romanico e racchiudono al loro interno opere d’arte scultoree e pittoriche (affreschi).

La casa rurale

Di norma, la tipologia della casa rurale esprime la sintesi tra le caratteristiche ambientali dello spazio in cui sorge e le funzioni cui deve fare da supporto per la gestione agronomica della proprietà. Nella fascia delle risorgive, che si situa tra alta e bassa pianura veronese e che rappresenta un’area di transizione convivono proprietà grandi e piccoli, con presenza di case padronali a corte (ville) e di semplici case a corte. La seconda tipologia rappresenta una delle forme insediative tipiche della pianura. Essa risponde ai bisogni della famiglia del conduttore diretto o del mezzadro, rispecchiando, quindi, le esigenze economico – produttive della proprietà medio – piccola.

Attorno ad uno spazio quadrangolare, grossomodo di 50 per 70 metri, si collocano una serie di edifici, racchiusi da un alto muro di ciottoli intervallati da frammenti di cotto (coppi). Talora, la ‘recinzione’ di uno o più lati può essere costituita da corsi d’acqua, siepi o dagli stessi edifici rurali. L’accesso è consentito grazie a un ampio portone ad arco in pietra d’Avesa a battente cieco, o, più spesso, da due pilastri che sorreggono un portone in ferro battuto.

Orientata a sud, per fruire della massima insolazione, quindi per poter godere della maggior quantità di luce e calore, la casa rurale presenta di norma due piani più un sottotetto, che funge da granaio. La struttura è alquanto semplice: al pianterreno si trovano due locali affiancati, divisi da una scala interna, posta in corrispondenza dell’ingresso, che porta ai piani superiori. Delle due stanze, una, la più piccola, costituisce il tinello e l’altra la cucina, molto ampia per accogliere i numerosi componenti della famiglia. La cucina ospita il focolare sulla parete posta a nord e il lavatoio, spesso ricavato da una lastra di rosso ammonitico o di biancone, posizionato a lato, nella parte più alta del sottoscala. Al piano superiore, lungo il corridoio, posto a nord, si collocavano le stanze da letto, con le finestre esposte a sud. Le camere sono in genere piuttosto piccole, poiché l’arredo, date le ristrettezze economiche della famiglia contadina, raramente prevedeva la presenza dell’armadio; più diffuso era il solo cassettone.

A lato della parte residenziale si collocava il rustico principale, costituito dalla stalla, al pianterreno, e dal fienile, al piano rialzato, cui si accedeva tramite una scala mobile. Dal corpo di fabbrica, in corrispondenza della stalla, si staccava un portico, che prolungava il tetto della casa, a due pioventi, in modo tale da consentire un riparo durante le giornate di pioggia a chi doveva lavorare il raccolto (confezionamento / imballaggio di ortaggi e frutta per il mercato) o riparare gli attrezzi agricoli. Stalla e fienile, pur contigui alla casa come corpo di fabbrica, ne sono nettamente separati da un muro tagliafuoco, per evitare che eventuali incendi potessero recare danni alla parte abitata.

Attorno al muro di cinta, o a sua parziale sostituzione, si possono trovare altri corpi di fabbrica, che possono essere aperti o chiusi. Nel caso delle barchesse, che servono per il ricovero degli attrezzi, dei carri o delle macchine agricole, alcuni pilastri in cotto sorreggono ampie tettoie. I rustici chiusi, distaccati dal corpo centrale, svolgono invece funzioni diverse: dal locale adibito a magazzino, al pollaio, al porcile. Al centro del quadrilatero o leggermente decentrata si trovava l’aia, la grande superficie in cotto, o se rifatta in tempi più recenti in cemento, sulla quale si depositavano i covoni, prima della trebbiatura, e le balle di paglia accatastate, dopo, o dove si facevano essiccare le granaglie (frumento e mais). All’esterno trovava spazio invece la concimaia, costituita da una grande vasca in cemento o da una semplice buca nella quale durante l’anno si accumulava il letame che sarebbe servito per la concimazione dei campi.

La forma di dimora rurale qui descritta è quella tipica della piccola proprietà contadina, o della dimora concessa ai mezzadri, una forma di contratto presente fino alla soppressione legislativa del contratto di colonia parziaria, avvenuta nel 1992. Il benessere economico raggiunto negli ultimi decenni anche nelle campagne grazie all’ortofrutticoltura specializzata ha consentito a molti conduttori di costruirsi una nuova abitazione, più consona al livello di vita raggiunto. Le vecchie case a corte sono state quindi riutilizzate per ospitare i lavoratori stagionali, oramai esclusivamente provenienti dall’Est europeo o dal Nord Africa. In altri casi sono state abbandonate definitivamente, o, se posizionate all’esterno della proprietà, vendute per essere restaurate e adibite ad abitazione dai nuovi immigrati, che abbandonano la città alla ricerca di un ambiente o di una qualità di vita migliore.

 Il Capitello

Un’altra caratteristica della campagna veneta e, in particolar modo di quella veronese, è la presenza di capitelli, testimonianza della religiosità popolare. Una religiosità che si è manifestata con la costruzione di piccoli edifici in muratura eretti nei crocicchi, lungo le contrade o lungo gli argini di un fiume o di un canale. La piccola costruzione in mattoni, nella nostra Regione viene chiamata capitello, ma altrove ha diverse denominazioni: quali tabernacolo, edicola votiva, maestà. Voluta spesso dalla devozione dei singoli privati o di una piccola collettività, motivata anche dallo scioglimento di un voto, diventa poi un comune punto di convergenza per la preghiera. Alcuni capitelli vantano decenni di popolarità, altri qualche centinaio di anni. La loro presenza è ben radicata nel territorio, profondamente religioso e legato alle tradizioni e ai valori di un tempo.

Le edicole sono piccole strutture annesse ad un’altra costruzione, in genere una colonna, contenenti un’immagine sacra.

Gli alberi sacri sono quelli in cui si trova, nel tronco, una nicchia con l’immagine religiosa.

Da ricordare, infine, gli affreschi e le pitture sui muri.